martedì 15 maggio 2012

Words

Ragionavo ieri, davanti alla trasmassione di Fazio e Saviano, che oramai la maggior parte delle persone che mi "piacciono" o con cui "collaboro" o con cui "parlo e basta" sono nate tutte dall'80 in su. Dopo ho pensato che, biologicamente, un ragazzo che oggi ha 20 anni, potrebbe essere mio figlio e che questo potrebbe essere padre e che quindi io, oggi, potrei essere gia nonna. Nonna Macia. Tempo perduto tempo. Dopo, anch'io, ho pensato alle "parole", adoro e odio le parole, ci sto attenta alle parole, mi incazzo davanti alle parole e a volte mi commuovo, anche. A questo punto, mi è venuto in mente, che sono davvero tante le parole che evito di calpestare, come le buche su una strada nazionale statale. Ad esempio: wedding color (appresa oggi, Milano) brunch(appresa 6 anni fa, Milano) il tema (usato come "problema", appresa 1 anno fa, Milano) i miei desiderata (al posto delle "mie aspettative" appresa a Stromboli 6 anni fa, in una discussione tra due milanesi) bollicine (usata al posto di prosecco, champagne, ecc... appresa circa 4 anni fa, Brescia - bordo piscina) benza (al posto di benzina, da sempre) Asap (Acronomimo di As Soon As Possible - sulla mia scrivania, Milano) abbonamento annuale (7 anni fa, palestra Milano) Terrazza (al posto di minuscolo balcone, 5 anni fa, milano) Metri calpestabili (presso Tecnocasa, Milano-Roma) Delle due, una (dal mio collega, Milano) Ferma i buoi (la mia collega, Voghera) yesman (Dal mio capo, Milano) Peanuts - letto Pinaz (Per indicare cosa da poco, dal mio capo, Milano) no buono (da mio capo, Milano) pajard (al posto di petto di pollo, bar sotto al mio ufficio, Milano) vado ad allenarmi (al posto di "vado in palestra", Milano) Sono solo alcune, ma tutte accumunate dalla parola Milano. A Milano sembra che si vergognino di parlare italiano, che si vergognino della verità, infatti proprio non ce la fanno a chiamare le cose con il proprio nome, è più forte di loro. Figa! Cordialmente, macia