giovedì 23 aprile 2009

AAA CERCASI VETRINETTA

Ieri sono stata al salone del mobile, qui a Milano.
E non capisco un cosa.

Come si fa a chiamare l'evento piu primaverile, piu atteso e meno milanese dell'anno:
"SALONE DEL MOBILE".

Se tu dici a chiunque, fuori dalle mura meneghine:
"Sai ieri sono stata al SALONE DEL MOBILE, una figata, un sacco di gente.. alcol a fiumi..bla bla bla"

Questo "chiunque" ti risponderà: "Al salone del mobile? Ma a fare che? ti devi sposare? devi arredare casa? ma perchè l'alcol? Ognuno portava una bottiglia di vino e poi vomitava sui mobili? Certo che da quando stai a milano..."

Ad esempio mi immagino la casalinga della provincia di Cuneo che legge sulla stampa "si apre oggi il salone del mobile a Milano" e che all'arrivo del maritino gli fa:
"Caro.. Ho fatto il risuotto cuol capriiuolo.. contento??
Per la vetrinetta del salone, quella dove vogliamo mettere il servizio di piatti buono, quello di zia Veronica, che dici...Andiamo a Milano da mia cugina, che c'è la fiera del mobile e magari la troviamo, cosi come la vuoi tu, due metri per due... Tanto alla fiera quanto vuoi che costi, ci saranno pure gli sconti"
Insomma i due partono ignari e il seguito ve lo potete immaginare.

Questo per dire che "SALONE DEL MOBILE" non rende affatto l'effetto tzunami di gente in strada a fare i fighi, che poi del mobile non gliene frega niente a nessuno, anzi io proprio non li capisco sti mobili, non c'è niente da fare.

Come si fa a stare comodi su un divano di ferro che si illumina a intermittenza a seconda del peso(a rieccoce...)insomma, risultato: ti alzi da li con un gran dolore al coccige e con la testa che ti pulsa, pure lei a intermittenza, come le lucine dell'albero di natale.

Insomma sotto sotto io sti designer li odio.

Riescono a fare alzare il prezzo di un semplice mascara del 1000 per 1000 e farti credere che i tuoi occhi ne gioveranno.

Poi con le loro giacchette tutte colorate e i loro occhialoni neri da inttelletuali prima maniera... Bleee..

Però tutta quella gente in giro, tutti quei colori, tutto quell'andirivieni di finti amanti del design, come me (che invece sotto sotto li odio)è l'unica cosa che a milano non ti fa sentire a milano.
Dunque ne vale la pena.

domenica 19 aprile 2009

consigli agli esercenti

Non capisco perchè i camerini dei negozi di abigliamento siano illuminati da una luce criminale che come un cecchino spara, senza pietà, sui tuoi punti deboli.
Quante di voi, dopo aver abbandonato nel reparto accessori quella gonnellina blu (colore che se non fosse andato di moda, avremmo evitato come la peste perchè non sai con cosa abbinarlo), passano in farmacia o in erboristeria a chiedere, con tono discreto, un drenante o depurativo perchè sa... col cambio di stagione...
A volte basterebbe davvero poco per evitare cadute d'umore.
Negozianti, fatevi scaltri.
Se metteste al posto dei neon abbacinanti, delle luci indulgenti, magari anche delle candele qua e la, che ne so, qualche lampada etinca che tu, indossatrice, puoi regolare in base al corqaggio a disposizione, sicuramente vendereste moolto di piu.
Pensateci.
Forse siete d'accordo con le farmacie della zona?
C'è un accordo silente?
Consiglierei di aprire un'inchiesta sul tema.

Un decennio fa pensavo di essere esente da cellulite e banalità, ma oggi, posso dichiarare con orgoglio: "le sento, le vedo, le curo".

giovedì 16 aprile 2009

TESTAMENTO

Non voglio che tu sia lo zimbello del mondo.

Ti lascio il sole che lasciò mio padre a me.

Le stelle brilleranno uguali ed uguali ti indurranno

le notti a dolce sonno.

Il mare t’empirà di sogni. Ti lascio

il mio sorriso amareggiato: fanne scialo

ma non tradirmi. Il mondo è povero

oggi. S’è tanto insanguinato questo mondo

ed è rimasto povero. Diventa ricco

tu guadagnando l’amore del mondo.

Ti lascio la mia lotta incompiuta

e l’arma con la canna arroventata.

Non l’appendere al muro. Il mondo ne ha bisogno.

Ti lascio il mio cordoglio. Tanta pena

vinta nelle battaglie del tempo.

E ricorda. Quest’ordine ti lascio.

Ricordare vuol dire non morire.

Non dire mai che sono stato indegno, che

disperazione mi ha portato avanti e son rimasto

indietro, al di qua della trincea.

Ho gridato, gridato mille e mille volte no,

ma soffiava un gran vento e piogge e grandine

hanno sepolto la mia voce. Ti lascio

la mia storia vergata con la mano

d’una qualche speranza. A te finirla.

Ti lascio i simulacri degli eroi

con le mani mozzate,

ragazzi che non fecero a tempo

ad assumere austere forme d’uomo,

madri vestite di bruno, fanciulle violentate.

Ti lascio la memoria di Belsen e Auschwitz.

Fa presto a farti grande. Nutri bene

il tuo gracile cuore con la carne

della pace del mondo, ragazzo, ragazzo.

Impara che milioni di fratelli innocenti

svanirono d’un tratto nelle nevi gelate

in una tomba comune e spregiata.

Si chiamano nemici; già. I nemici dell’odio.

Ti lascio l’indirizzo della tomba

perché tu vada a leggere l’epigrafe.

Ti lascio accampamenti

d’una città con tanti prigionieri,

dicono sempre si, ma dentro loro mugghia

l’imprigionato no dell’uomo libero.

Anch’io sono di quelli che dicono di fuori

Il sì della necessità, ma nutro, dentro, il no.

Così è stato il mio tempo. Gira l’occhio

dolce al nostro crepuscolo amaro,

il pane è fatto di pietra, l’acqua di fango,

la verità un uccello che non canta.

E’ questo che ti lascio. Io conquistai il coraggio

d’essere fiero. Sforzati di vivere.

Salta il fosso da solo e fatti libero.

Attendo nuove. E’ questo che ti lascio.

di Kriton Athanasulis

venerdì 3 aprile 2009

risvegli

Mentre l'America si gode il suo sogno, noi, poveri italiani insonni, ci risvegliamo sudati nel bel mezzo del nostro incubo.
...meno male che silvio c'è...